DI TOMMASO CONTARINI. 1593. 439 non con gli affetti e interessi d’altri. Aveva incominciato a spendere, e speravano eh’ egli dovesse riddur anco a minor somma gli accumulati danari, nel che avevano posto ogni loro desiderio e speranza, vedendo mal volentieri i pontefici padroni di tanto tesoro , col quale , e per sè stessi, e con l’aiuto d’altri principi, potessero turbare e inquietare le cose loro. Della elezione del presente pontefice Clemente Vili non restarono gli spagnuoli soddisfatti, non essendo esso nel numero dei nominati dal re, e temendo che per essere stato l’avo suo intimo familiare di Paolo IV e suasore a mover l’armi contro il regno di Napoli, non restassero ancora in Sua Santità impressi simili concetti. Tuttavia il favore che, essendo legato in Polonia , avea prestato all’ arciduca Massimiliano (1), faceva loro sperare di poterlo aver favorevole ai loro pensieri , quando vi si aggiunse anco una graziosissima lettera piena di officio scritta di mano di Sua Santità al re Cattolico ; in modo che le cose si sono andate accomodando, e tanto maggiornrcnte quanto comuni erano gl’interessi delle cose di Francia, e perchè ogni pontefice sarà sempre astretto, durante le cose presenti, di appoggiarsi alla corona di Spagna, poiché da lei scostandosi non potrebbe unirsi con altri principi grandi che fossero atti e potenti e mantener la sua dignità ; oltre che la vicinità del regno di Napoli, i tanti stati e forze del re in Italia , la non sicura intelligenza con gli altri principi procurata dagli spagnuoli, la declinazione della Francia, i molti cardinali dipendenti dal re come stipendiarj e pensionarj suoi, la insuperati potenza dell’oro di Spagna, astringono l’unione di tutti i pontefici con Sua Maestà (2). (1) Vcggasi la citazione fatta a pag. 429 nota 2 (2) Quando però, dopo 1’ abjura falla da Enrico IV in questo stesso anno 1593, Clemente Vili vide i popoli di Francia via via a lui sottomettersi, e si fu ben persuaso che gl’interessi della religione non potevano che scapitare nell’ osteggiarlo, e come in quel re fosse unicamente riposta la speranza di vedercela Francia restituita in pace ed in grado di conlrappesare la preponderanza spagnuola, di cui il papa e l’Italia avevan troppa ragione di sospettare, non esitò ulteriormente a riconciliarsi con lui c ad assolverlo solennemente il 17 settembre del 1595. Questo grand’atto ruppe per sempre ogni concetto di universale supremazia fino allora vagheggiato dalla Spagna, e va annoveralo fra i più bendici di cui l’Italia, anzi l’Europa sia debitrice al papato. E giustizia vuole che si ricordi come fra i più instanti patrocinatori di quella causa fossero San Filippo Neri, il Baronio. e il cardinal Fran-