228 RELAZIONE DI A. TIEPOLO. 1572. ad allogare nei fanghi e nelle acque, onde è ben stata sola infinita benignità di Dio che in tante mutazioni e cosi frequenti io mi sia conservato cosi sano come mai fui. Sia lodata per sempre la sua bontà. Resta finalmente eh’ io renda anche infinite grazie alla Serenità Vostra e alle SS. VV. II. che ricordandosi di me si siano contentate di comandarmi, perchè qual maggior grazia può ricevere un cittadino che l’esser adoperato dalla sua patria ? Onde ben debbo con ogni affetto del cuor mio tornar a ringraziarla , affermandole che qualunque travaglio patito, qualunque fatica presa, e qualunque pericolo corso mi sia stato doppiamente pagato, sempre eh’ io pensava alla sua molta benignità ; perciocché questa nel caldo e nel freddo mi ristorava , e nella spesa m’arricchiva , e finalmente a tutti i mali ella mi è stato rimedio salutifero e soavissimo. Conosco non poter corrispondere a tante grazie , perchè e la roba e la vita, senza eh’ io l’offerisca, si trova esser della Serenità Vostra innanzi eh’ io nascessi, come l’anima è del suo creatore ; però non potendo nè sapendo che altro fare, farò quello che siamo soliti noi uomini col Signore Dio, dimandando e supplicando dopo molte grazie ancora alcun’ altra. Cosi io, dopo tante che 1’ è piaciuto concedermi, tornerò nuovamente a supplicarla , che degnandosi aver in considerazione le molte spese patite per la lunghezza di tanto viaggio tutto quasi dispensa- lo sopra le osterie, con che .ho convenuto far di quelle provvisioni che la necessità mi sforzava , ella sia contenta farmi grazia di quella catena e di quella spada donatemi al partire dai serenissimi re di Spagna e di Portogallo, acciocché con 1’ una slegandomi di qualche mio particolar creditore, io resti nondimeno legato alla liberalità e pietà di questo Illustrissimo Consiglio, e con l’altra io onori la mia camera in segno di aver servito questo Serenissimo Dominio in parte dove era poco men di cent’anni che la Serenità Vostra non aveva avuto ambasciatore.