DI ANTONIO TIEPOLO. 15G7. 133 a tutti del paese, e inimicatisi del tutto gli eretici, si deve credere che perdessero del credito e della riputazione che ave-van prima ; in maniera che, ancor che avessero voluto, non è più stato in loro arbitrio il muoversi nè con francesi nè con altri, sia chi si voglia. Però ha potuto il duca d’Alva entrar sicuramente in Fiandra con gli spagnuoli (1) , e li potrà distribuire per le fortezze, e ora potrà il re con maggior fondamento pensare a radrizzare le cose di quel governo come gli piace. Nel che è nondimeno da credere che sia S. M. per procedere con gran destrezza , acciocché la disperazione non renda quegli uomini arditi ad altri pensieri ; perchè infine conviene ella fondar la stabilità di quegli stati più sopra Famor de’ popoli che sopra la forza degli spagnuoli, sendo ognuno per natura pronto alla libertà , ma i fiamminghi massimamente , che sempre vissero liberi (2). E se in Italia si veggono gli spagnuoli tener con la forza i regni di Napoli e Sicilia , e lo stato di Milano, si è all’incontro veduto ne’tempi addietro novità nel regno e sollevazioni di grand’ importanza quando hanno avuto speranza dell’ aiuto di qualche forza straniera ; e ora la sicurezza consiste più nella lontananza di chi possa aver voglia e mezzo di agitarli, che nella benevolenza di quei vassalli , o nella forza degli spagnuoli. E se lo stato di Milano è stato saldo, benché combattuto dai francesi, più s’ ha da ascrivere alla sinistrezza di quella nazione che alla buona volontà de’popoli, o alla forza di dentro, perchè stanno fermi più tosto per non cader in servitù forse più aspra della spagnuola. Ma questi stati di Fiandra, che son circondati per ogni parte da chi ha potere e voglia di possederli, tanto si può credere che siano per star fermi nella devozione del lor signore quanto saranno tenuti con la destrezza , onde non caggiano in disperazione, la qual li inducesse a chiamare e tedeschi e francesi, i quali non molto differenti nè per lingua nè per costumi, in tal caso non sa- (1) Nell’agosto del 1567. (% E in questo, cioè nella sperata moderazione del re, o piuttosto del duca d’ Alba da lui scello per islrumento della sua politica in quelle parti, s’ingannò grandemente il Tiepolo, fsì come è noto.