102 RELAZIONE DI SPAGNA lamento stanno nel medesimo modo con lo stato di Milano come stanno gli Svizzeri. Coi Genovesi è così ristretto questo serenissimo re, che si può dir S. M. goder quel dominio come fusse del tutto sotto il suo imperio ; perciocché si serva di quella nazione in tutte le cose che occorrono a’ suoi disegni, adoperando le sue galere, e accomodandosi della città di Genova e di tutti i suoi luoghi (il che le torna in molta comodità , massimamente ora che S. M. dimora in Spagna ), e finalmente valendosene in tutti quei modi che se gli apresentano secondo le occasioni. Nè meno si serve dei particolari, trattando con loro gran parte dei partiti di denari ; e viene affermato che tra quelli clic lei deve c quelli clic essi trafficano ne’ suoi paesi, hanno i genovesi credito di dieci milioni d’oro ; il che senza dubbio alcuno è causa che non siano mai per dipartirsi dalla volontà c dal parere di S. M., ancora che molti si dolgano dicendo esser mal trattati, e delle molte comodità che S. M. riceve da loro essere malissimo ricompensati. E quando seguì, già due anni sono, il naufragio delle galere di Spagna, perchè fu fatto sapere alla maestà del re che molti genovesi avevano denari sopra quelle galere per condurli in Italia, mandò ordine che fossero ritenuti molti dei loro mercanti che si ritrovavano in Siviglia e in altri luoghi di Spagna, c per ancora non sono spediti ; e fu dato prima sentenza contra i rei che fossero privi della vita e confiscata tutta la facoltà che si ritrovano avere nei paesi di Sua Maestà ; ma supplicarono una sospensione, la quale fu loro concessa, e ora si va trattando di mutar la detta sentenza in grandissima somma di denari. Altri poi, che non poterono avere nelle prigioni loro, sono stati banditi con confiscazione de’ beni, e pena , se saran presi, della vita. Onde con molla severità, e senza alcun rispetto, ha S. M. fatto dare esecuzione contra questi alla pragmatica di Spagna, la quale, come ho detto, non permette che siano portati denari fuori di quella provincia. Ed essendo il sig. Antonio Doria a mia visitazione, dolendosi meco di queste operazioni, mi disse : « La vostra serenissima Repubblica santa e benedetta dovria pur aprir gli occhi ai