308 chic nè condiscendere ai desiderii e alle macchinazioni del Cristianissimo, tendenti all'inquietudine d’Italia; usandomi queste formali parole: « Si sarebbe contentato e saria bastato al Re, di' io gli avessi promesso di starmi queto e con le mani nascoste nelle maniche; ma nè anco questo ho voluto, attendendo io alla quiete, non solo per il debito nostro e del luogo che teniamo nella lega, ma anche per il particolare nostro interesse »; esplicando le cose di Fiorenza che non hanno bisogno di moto in Italia, e la spesa la quale non faceva per Sua Santità; concludendo, eh’ era per perseverare in questo buon animo, massime sapendo ciò essere conforme alle intenzioni di Vostra Serenità. E per il vero, considerando 1’ esser suo e le sue qualità, non poteva fare altramente. Quale adunque fosse la causa dell’ andata del papa in Marsiglia, e quel che vi fosse trattato, ho dichiarato alla Serenità Vostra così particolarmente, per obbedire alla commissione datami da lei: e sia certa, che non fu altro che volere con un’ opera sola, e come si suol dire, con un colpo fare due effetti, cioè prendere il Cristianissimo, e condurre Cesare alla esecuzione della promessa; e con questi mezzi assicurarsi dallo spavento eh’ egli avea del Concilio. Ma vedendo papa Clemente che non gli succedeva il suo disegno, cioè, che Cesare non si riduceva alle sue voglie nè attendeva alla esecuzione delle promesse nè del matrimonio; e dall’altro canto, vedendo appropinquarsi il tempo nel quale bisognava, come si dice, cavarsi la maschera col Cristianissimo, il quale avrebbe chiesto che si adempissero le promesse, secondo le condizioni fra loro poste, e non attendendo Cesare al matrimonio (il che apertamente quasi si vedea, perchè non v’erano nè fatti nè parole dal canto di Cesare per 1’ esecuzione di quello, anzi piuttosto effetti contrarii, perchè Sua Maestà non cessava di sollecitare il concilio); vedendo, dico, Clemente e considerando, che presto presto ei non potria più scorrere nè intertenere il Cristia-