212 della pace, affermando che, segua ciò che si vuole, la Signoria nostra sarebbe perseverante nell’ amicizia ed unione con quel Signore: le quali lettere, bisognando, s’acconcerebbero in quelle parti che il Gradenigo od altri consigliassero. Finalmente, sebbene corra la fama che il Signor Turco mandi un ambasciatore alla Signoria nostra, non si deve per questo eleggerne un altro per mandarlo a lui; anzi è necessario aspettarlo ed udir ciò che vuole, e poscia deliberare ». Queste e forse qualche altra simile ragione disse il Mocenigo; ma l’esordio del suo parlare fu: « ogni bellissimo diritto ha bellissimo rovescio; e perciò non è gran fatto, se le bellissime concioni di messer Gradenigo, udite altre fiate dal Senato, al presente dimostrino le perfette condizioni del rovescio della sua opinione; la quale tanto sarebbe malefica alla Repubblica, quanto le altre sue dei tempi passati le furono di beneficio ». Posto fine al ragionare, il Collegio propose di scrivere al Railoa Costantinopoli, o a messer Alvise Grilli, nel modo predetto; significandogli tutto il successo delle cose seguite, così in Lombardia e nel resto d'Italia, come in Toscana; e modificarono quella parte del duca di Milano, dove si diceva, che il duca sarebbe rimaso spodestato, se non era la Signoria nostra; e scrissero: « speriamo che, per la diligenza della Repubblica, il duca ricupererà intieramente lo stato suo ». E così fu preso e deliberato con largo giudicio. Dipoi, volendosi licenziare il Senato, sopraggiunsero a quattr’ore di notte da Bologna due mani di lettere; una di messer Gabriele Yeniero, dei sette dicembre a ore ven-tidue, l’altra di messer Gasparo Contarini, scritta a ore ventitré. Per quella del Veniero s’intendeva, che il duca di Milano aveva concluso di dare all’ imperatore, oltre li cinque-centomila scudi per conto dell’ investitura, trecentomila nei seguenti tempi ; cioè, al primo di gennaro cinquantamila, a pasqua altri cinquantamila, e a san Giovanni, e alla Madonna di agosto e alle calende di novembre, li restanti;