251 Da Firenze, dei ventotto febbraio, furono lettere, pelle quali s’intendeva 1’ animo pronto dei Fiorentini alla loro difesa; e che alti ventiquattro nel maggiore Consiglio, il Fojano, grandissimo predicatore, aveva esortato ognuno a mettere la facoltà e la vita propria per la conservazione della libertà; e in quel luogo aveva spiegato uno stendardo sul quale era dipinto il Salvatore, ed aveva animato ognuno a non accettare altro capo o gonfaloniero; sicché non erano minori le vigilie, le orazioni, i digiuni del popolo fiorentino, di quello che era la prontezza degli animi nello esporre le facoltà loro e spargere il sangue proprio e dei figliuoli per conservarsi in libertà. In fine delle lettere, messer Carlo Cappello si raccomanda alla clemenza di questa Repubblica, rispetto alla spesa grande ch’era sforzato di fare, per la carestia d’ ogni cosa ch’era in quella città, troppo superiore alla facoltà sua. Perlochè fu messo dai Consiglieri e dal Collegio tutto, che al prefato oratore fosse concessa sovvenzione di ducati duecento veneziani; e la parte fu presa. Fatto questo, fu rimessa la parte del Contarini, ritornato da Bologna; alterandola in ciò, che gli fosse donata solamente la metà delle medaglie: la qual parte, mandata due fiate, non ebbe il numero dei suffragi che abbisognava. Fu poi deliberato di disarmare quattro galere; fu proposto di scrivere a Costantinopoli; messer Alvise Mocenigo contradisse; messer Leonardo Emo gli rispose, e i Savi deliberarono di differire. Fu scritto a Bologna in materia del duca di Savoja, l’oratore del quale era giunto quella stessa sera in Venezia. Alli nove di marzo, venne in Collegio alla presenza del serenissimo principe messer Gasparo Contarini, ed espose: che, volendo presentare alla Signoria i capitoli della pace conclusa da lui in Bologna, aveva trovato che nell’esordio della scrittura del cancelliero che 1’ aveva distesa in Bologna, era stata fatta menzione contro i Turchi inavvertita-