263 perturbavano grandemente gli animi d’ ognuno. Pur finalmente Sua Santità migliorò; e con una certa somma di danari che si sborsarono, si riebbe prima Civitavecchia, e poi Ostia. E a questo modo, a poco a poco, il pontefice si andava accostando più a Cesare: e per ultimo, nel principio della state ovvero nel fine della primavera, mandò in Ispa-gna, nunzio a Cesare, il vescovo di Vasona, vicentino, suo maestro di casa (1); il quale, di giugno, a Barcellona concluse la pace e confederazione tra Cesare ed il pontefice: i capitoli della quale, raccolti in memoria, io scrissi a Venezia subito allora. Imperocché, sebbene segretamente mi fosse mostrato la copia di essi, ad literam, come la stava, non potetti però averne esempio alcuno; sicché mi valsi della memoria. Pochi giorni dopo, venne di Francia la trattazione e poi la conclusione della pace fatta tra Cesare e il Re cristianissimo in Cambrai (2); per la quale fu esclusa questa illustrissima Repubblica, e tutti gli altri confederati. Cesare, in questo tempo, si pose sull’armata sua; e sopra le galere di Giovanni Andrea Doria imbarcò la persona sua a Barcellona, e venne in Italia. Giunse a Genova li 12 di agosto, circa il tempo nel quale il campo del Turco giunse in Ungheria ed in Austria, e veniva sotto Vienna. La Santità del pontefice allora, così ricercata da Cesare, creò cardinale il gran cancelliere di Sua Maestà, Domenico Mercurino Gattinara; e si ragionò di andare a Bologna, per vedersi con Cesare; il che finalmente si risolse e si concluse. (lj Gerolamo Schio, fatto cardinale più tardi. (2) Questa pace tra Carlo V e Francesco I, trattata a Cambrai da «lue donne (Madama Luisa di Savoia, madre di Francesco I, e Margherita d'Austria zia di Carlo V) fu fatale a molti principi italiani e specialmente alla Repubblica di Firenze, che, quantunque collegata con esso, Francesco abban donò al suo destino. La pace fu conchiusa e fermata ai 5 d’Agoslo 1529.