185 grossissima entrata. Che il pontefice aveva mandato a pregare esso oratore, che scrivesse ai Rettori di Verona per il passo sicuro delle lettere dell’ imperatore a Ferdinando suo fratello: che gli aveva risposto, lui non poter scrivere alli rettori senza ordine del Senato; ma che scriveria di questa domanda, la quale senza alcuna difficoltà saria da quello esaudita. Da Pera di Costantinopoli, del mese di settembre, scrive messer Piero Zeno, che non vi era ancora certezza se il Gran Signore ritornerebbe ad invernare a casa, ovvero se resterebbe in Ungaria. Di Puglia, il provveditore Vitturi scrive: che le nostre genti e le galere pativano assai di vettovaglie e di denari; e che se non si provvedesse all’una e all’altra cosa, era impossibile di più intrattenersi. Lette le lettere, fu deliberato che venti delle nostre galere disarmassero; cioè dieci delle armate in Venezia, quattro in Dalmazia, quattro in Candia, una del Zante ed una di Cefalonia; e fu comandato che tale relazione restasse secretissima. Fu scritto al Capitano generale da Mar, che assicurasse le galere da Baratti e d’ Alessandria per il viaggio loro, divulgandosi la presa delle sei galere genovesi dal Corsaro sopradetto. Fu scritto al provveditore Nani, che, avendo le genti spa-gnuole del milanese Spassato Adda, e le alemanne del bresciano essendo in procinto di passare il Po ( per cui accennavano di volersi unire ) ; e avendo Paolo Luciasco (1) scorseggiato per alcune valli del bergamasco, nelle quali, per non aver trovato da rubare, temevasi che si spingesse verso la montagna (ch’era piena di vettovaglia, per la fuga delle genti della maggior parte di quelle bande ) ; dovesse, col parere del Capitano Generale, duca d’Urbino, (1) Paolo Luzzasco, uomo valoroso, ma di poca fede, che sei mesi prima non avendo potuto allogarsi col re di Francia, era passato dagli stipendi di Clemente VII a quelli dell’ Imperatore. Voi. VII. 21