207 la natura delle genti d’Italia ( parlando sempre con riverenza ). Non fa punto per Vostra Maestà, che le fortezze restino nelle mani di lei ; conciossiachè, se i sudditi del duca vedranno che lei se le ha riservate, entreranno incerta opinione che il duca non sia vero padrone dello Stato, e non vorranno sborsargli denaro alcuno, ed egli sarà poi sforzato mancarvi della promessa; sicché Vostra Maestà, volendo tenere in sua mano le fortezze, patirà maggior danno che se le assegna al Duca Francesco ».Dipoi gli disse: « Quanto ai denari che i di lei deputati domandano per l’interesse della guerra, la illustrissima Signoria non è tenuta a pagare, essendo la guerra provenuta per cagione de’ suoi ministri; e tanto più che il danno sofferto dalla nostra Repubblica era forse maggiore di quello di Vostra Maestà; per cagione del quale le forze veneziane sono sì attenuate, che diviene impossibile il darle cosa alcuna: sicché Vostra Maestà può contentarsi che la Repubblica le paghi il restante dei du-centomila ducati; a conto dei quali sborserebbe, questo Natale venturo, venticinquemila ducati, a sodisfazione sua, e con non piccolo disturbo delle cose nostre ». L’Imperatore rispose alla prima proposta di messer Gasparo: che ognuno de’ suoi gli affermava e consigliava di serbar le fortezze, almeno quelle di Milano e di Como; non tanto per assicurarsi di avere i danari al tempo promesso, quanto per mantenersi il passo di venire in Italia e di mandarvi genti per difesa dal re di Francia, il quale giorno e notte pensa la via ed il modo di riaver quello stato. E qui sorridendo, riprese: « Che vi sembrerebbe, s’io vi dicessi il partito ch’ora mi fa? Mi promette al presente, inanzi la restituzione delli figliuoli, di sborsarmi duecentomila scudi; promette ajutarmi ad ampliare lo stato in Italia; mi offerisce, come si suol dire, mari e monti; mi fa pregare che mi abbocchi con lui, e che voglia trasferirmi a Torino, dov’cgli verrebbe; e perciò monsignor di Tarbe era già parlilo di Francia a solle-