290 Serenità vostra non vuole neppur concedere quello che spetta alle Signorie loro; che sono questi possessi del vescovato di Adria al Cardinal di Trani, il quale ebbe il detto vescovato, senza che alcun nostro nobile od altri fosse ballottato in Senato; e similmente 1’Abazia di Cerreto, che per la maggior parte, e specialmente la chiesa di essa Abazia, è sotto il dominio milanese. Onde ripeto colla debita riverenza, che la Serenità Vostra non dovria negare tale possesso. Ben dico, che per gratificare ,i Cardinali si deve fare ogni cosa come fanno altri principi più grandi. Ai buoni tempi i nostri santi progenitori si sforzavano di tenere ai voleri e ai bisogni loro quei più che potevano del Sacro Collegio, e ne risultava ai loro principi utile e decoro; ora non ci si pone più pensiero. Che il Signore Iddio si degni, per sua divina clemenza, mettere un dì buon sesto a co-teste esorbitanze ; e la Serenità Vostra perdoni all’ affetto mio « quia zeìus domus tuae comedit me ». Circa le entrate del pontefice io non dirò cosa alcuna, avendo Vostra Serenità inteso tutto abbondantemente da molti oratori che hanno fatto per tempora residenza presso la Corte di Roma. E vero che di tempo in tempo, per gli urgenti bisogni di quella sede, si mette qualche nuova imposizione; come ultimamente occorse, d’un fiorino per fuoco; del che so di aver data notizia a Vostra Serenità. Circa la mente del pontefice verso i principi cristiani, noterò che con Cesare sta benissimo; e in questo congresso di Bologna si ha visto, che non si poteva fare tra loro dimostrazione di unione maggiore. Non dirò già che non vi sia qualche occulta radice di sospizione, perchè certo questa casa de’ Medici ha sempre avuto peculiare disposizione a questo; e dicesi che papa Leone, soleva dire che quando aveva fatto lega con alcuno, non si doveva restare di trattar coll’ altro principe opposto. E causa di tal sospizione nella mente del papa ha dato Cesare ultimamente, colla sentenza