29» Iato anco papa Adriano VI, successore di Leone; ma il suo pontificato fu così breve, che nessun rimedio sen’ebbe. Successe Clemente VII, il quale, mosso dagli stessi sospetti e timori che mossero il cugino e precessore suo, Leone, quanto più potè, fuggì questa materia continuamente; rappresentandosi il concilio come pericolosissimo alle cose sue. Imperocché si conosceva sottoposto alle medesime opposizioni che pativa Leone, ed altre molto maggiori; com’ era il non essere nato legittimo, e l'essere asceso a quel supremo grado per via forse non molto sincera, ma piuttosto per favori e per altro; il che è nolo a molti, ed io per buon rispetto tralascio di dirlo: ed oltre di ciò per aver presa la guerra contra la povera sua pairia per particolar suo rispetto e dei nepoti; le quali cose ragionevolmente gli facevano temere l'opinione del mondo. Però, essendo già seguilo il sacco infelice di Roma, tanto dannoso e di lanla vergogna di Sua Santità e di quella Sede, e desiderando Cesare (come quello che ha sempre dato voce di essere buon cattolico) di liberarsi la coscienza da quel peso, fu facile ridurre Clemente, che d’ altro più non temeva che del concilio, a scordarsi di lutto e a riconciliarsi seco coll' istrumento del matrimonio fra la figliuola bastarda di Sua Maestà, ed il duca Alessandro pure bastardo e nipote di Sua Santità. Di qui successe la venuta dell' Imperatore in Italia e la coronazione in Bologna, e la lega fra Sua Santità, Sua Maestà, la Serenità Vostra ed altri; di qui seguì la dura e vergognosa ossidione e depilazione di Fiorenza; non mancando il papa con tutti gli spirili a perseverare nell'amicizia già principiata con Cesare, nè curando di dispiacere in ciò al Cristianissimo; parendo a Sua Santità di esser sicura dal concilio tanto temuto da lei con I' amicizia di Cesare, confirmata dalla promessa parentela. Nè mai potè accidente alcuno causare discordia o sdegno in papa Clemente contra l’Imperatore; nè potè valere alcun gagliardo ufficio che usasse il Cristianissimo, col mezzo an-