m Roma per maro; o si ritornò un' altra volta a trattare la pace. Andò il Cardinal Caraffa, con animo di concluderla, ad abboccarsi nell’ isola tra Porto ed Ostia col duca d’ Al-va; al quale anco andò il segretario Cappello, mandato da Vostra Serenili, e lo trovò disposto di quel modo che fu scritto. Fecero dieci giorni di tregua, e poi si conclusero altri quaranta; onde, avendo noi detto al pontefice che scri-veressimo cosa alla Serenità Vostra di molto suo contento, perchè da queste tregue si poteva sperare certa pace; rispose alterato (come scrivemmo): « non sarà niente, non sarà niente, magnifico ambasciatore; ve lo protestiamo, non sarà niente ». La somma di quel negozio fu di scrivere al re, perchè non aveva il duca autorità di dar Siena, che dimandò il Cardinal Paceco per il duca di Palliano ; e così fu spedilo Don Francesco Paceco dal duca, e il Fantuccio per nome del cardinale, al re Filippo. In questo mezzo venne il duca di Guisa con quella brava cavalleria che si sa, e con quella fanteria, sebbene non molta, però valorosa ed atta a fare molle facende. Si proposero tre imprese, secondo i disegni e le affezioni dei collegati. Volevano i Francesi I’ impresa dello stato di Milano, e dopo quella di Toscana; disegnava il duca di Ferrara 1’ impresa di Parma per suo interesse e per avere l’esercito vicino a’ suoi stati; il pontefice, quella del Regno di Napoli: alla quale fu astretto venire monsignor di Guisa, avendo commissione dal re di fare tutto quello che voleva Sua Beatitudine; e mostrandogli il Cardinal Caraffa , che aveva un breve dal papa, che quella gente dovesse venire inanzi per l'impresa del Regno. Della quale impresa non si poteva aspettare altro successo, che quello che si è veduto; e la buona fortuna del re Filippo volle che si elegesse il meglio per lui; perchè in ogni altro luogo, quell'esercito 1’ avrebbe travagliato più assai di quello che avria voluto. Passarono in questo mezzo i quaranta giorni delle tregue;