170 che per quelle volesse interrompere così salutare effetto della pace. Dove il Pesaro notò: messer Gasparo per quelle parole aver favorito le ragioni di esso pontefice; quasi che messer Gasparo avesse voluto dire: Padre Santo, presupponiamo che le tue ragioni siano buone, come sono; ma non devi stimarle tanto, che tu non ceda le due città alla Signoria di Venezia; non per le ragioni pretese da quella, le quali pajono anche a me che siano di poca forza; ma per 1’ ufficio che appartiene a tua Santità di star concorde cogli altri principi in questi tempi pericolosi del Turco. Appresso fece leggere una lettera di messer Matteo Dandolo, scritta in Bologna e indirizzata a messer Marco suo padre, Savio del Consiglio, il quale aveva voluto che fosse letta in Collegio, come pertinente al beneficio della Terra. Scriveva dunque messer Matteo Dandolo che, essendo a visitazione del Cardinale Francesco Cornaro, gli era stato detto da lui: che non poteva fare che non si dolesse assai, che i Veneziani fossero tanto duri in questa cosa di Ravenna e di Cervia con Nostro Signore; il che, per suo giudizio, riuscirebbe a loro danno. Per la lezione di questa lettera, messer Girolamo volle non solamente biasimare il cardinale , il quale non difendeva nè sosteneva la ragioni della patria, ma messer Marco e Matteo Dandolo, che nella stessa mala opinione erano incorsi, l’uno a Bologna, e l'altro a Venezia: tanto più degni di biasimo del cardinale, quanto che meno erano obbligati a tener le ragioni del pontefice che il cardinale, il quale, sebbene sentiva contro la patria, nondimeno sentiva per il pontefice che gli era signore; motteggiando con sdegno, che le opinioni che si trattavano per giornata nel Senato, fuori di quello si sapevano per cagione di molti, i quali senza loro vergogna ardivano scriverle ai suoi ed agli amici e ai parenti; dal che nasceva la durezza del pontefice in questa materia. Rispose alle ragioni del Pesaro, per 1’ opinione di tutti