192 meno il Pregadi mormorò, parendogli che 1’ oratore avesse tenuto le ragioni della lega e seguito la voglia dell’ Imperatore. Scrive in fine, che il pontefice voleva deputare tre cardinali, i quali avessero a trattare coi Cesarei la impresa contro i Turchi. Messer Gabriele Venier e il Contarini scrivono, come il duca di Milano era stato a visitazione dell’ Imperatore, e che facendogli riverenza aveva detto: « Ho grandemente desiderato di usare questo ufficio con Vostra Maestà e baciarle la mano, ma la malvagità dei tempi è stata tale che ho dovuto trascorrere sino a quest’ ora ; nella quale io son venuto a lei anche per ¡scusarmi delle querele che di me le son porte da molti che mi hanno in odio; perciocché nel tempo che io stetti nel castello di Milano, io non conosco in modo alcuno di aver fallito contro di lei. Uscito poi di là, se avessi commesso cosa contra la volontà sua, questa è provenuta dalla mala fortuna e dai modi che hanno usato i ministri di Vostra Maestà contra di me: nondimeno io son venuto a gettarmi nelle braccia della infinita clemenza sua e a chiederle perdono del mio errore ». A queste parole del duca, l’imperatore accogliendolo con umanità, benignamente rispose: che egli deputerebbe due che avessero il carico di conoscere le sue ragioni, e che poi verso di lui si userebbe ogni discrezione e cortesia. Il duca replicò, che egli aveva impetrato da Sua Maestà il salvo condotto, solo per venire sicuramente alla presenza sua; giunto alla quale, e non facendogli più mestieri di esso, Io restituiva. All’incontro, lo imperatore non volendo accettarlo, il duca lo lasciò in fine in mano di uno dei consiglieri di Cesare che ivi era. Scrivono ancora, che il duca aveva loro detto di avere inteso, che il marchese di Mantova aveva instato appresso il pontefice e Cesare, che gli fosse concesso lo stato di Milano; al che il pontefice aveva risposto: « Questa cosa è molto difficile, conciossiachè la Signoria di Venezia mai Io consentirebbe »■