239 tarsi della pace , avesse rifiutato questo carico, e che il Senato 1’ avesse compiaciuto ( come senza dubbio sarebbe andata), egli entrerebbe in maggiore sospetto; onde potrebbe seguire qualche nuova difficoltà, dopo le tante già superate per la detta pace. Quanto alle ragioni di messer Marco, soggiunse: ch’egli non era di sì piccola facoltà, che in uno di questi casi egli non potesse farsi onore da per sè e col-l'ajuto di amici ; e quando tutti gli mancassero, noi ci offriamo di ajutarlo ben volentieri : che il viaggio era comodissimo, perchè si andava in burchiello sino a Bologna, e non a cavallo ; senza correr pericolo nè per la vecchiezza ( che non era poi tale che passasse gli anni ottanta , oltre i quali s’intendeva il detto del Salmo : si autem in poten-lalibus oclotjinla anni et amplius eorum, labor et dolor ) nè per l’infermità del difetto del polso, la quale gli era forse occorso una volta o poco più : che la opposizione della lite non valeva ; perciocché si sapeva che l’uomo dabbene e il buon senatore ( come per tale avea conosciuto in ogni tempo e in ogni luogo messer Marco) non si muoveva per rispetti particolari, anzi se ne scordava ogni volta che s’incontravano con quelli della Repubblica. Concluse finalmente, che non solo il Senato non doveva accettar questa scusa, ma che i signori Consiglieri, non dovevano, per opinione sua, mettere la parte, nè potevano ingerirsi in questa materia. Messer Matteo Dandolo, figliuolo di messer Marco, che si trovava nel Senato per imprestilo di cinquecento ducati, scusandosi modestamente, se parlava contro la Serenità Sua, rispose: che l’amore del padre (che gli era carissimo, e che dai più teneri anni gli aveva dimostrata una pietà forse maggiore di quella che usano gli altri padri verso i loro figliuoli) lo spingeva a difendere le sue ragioni ; aggiungendo, eh’ egli aveva passata sotto silenzio un’ altra sua infermità, onde gli era impossibile il cavalcare ; che continuamente serviva