194 tutti e due, consigliando che la espedizione fosse differita, per essere importante, e 1’ ora tarda. Alli ventisei di novembre, dopo lette alquante lettere di poca importanza, di nuovo le due opinioni furono proposte al Senato; e in quella dei due Savi entrò messer Francesco Soranzo, Savio di Terraferma. Parlò messer Domenico Trevisano, Savio del Consiglio e cavaliere procuratore, per l’opinione del Collegio e disse: nel mille cinquecento ventitré la illustrissima Signoria concesse per difesa del duca di Milano e del regno di Napoli le genti e le galere dichiarate nella sua parte; e perciò gli pareva di non negarle al presente, essendone stata ricercata con tanta istanza dal Gran Cancelliere, da tutti i Cesarei e dal pontefice. Non esservi dubbio, per opinione sua e di tutto il collegio, che Cesare era risolto di volere al tutto questa lega; perseverando a negare la quale, generavamo nel suo pensiero so-spizione di alcuna intelligenza colla Francia: che, essendo vero che per questa differenza delle quindici galere a difesa del Regno, solamente contro principi cristiani, non si doveva impedire la pace, faceva più per la Signoria 1’ assentire in una fiata a tutte due le richieste, che ora ad una e, passato qualche giorno, all’ altra. Conciossiachè, facendosi a questo modo, sarebbe un dare argomento ai negoziatori cesarei di domandarci ogni giorno cose nuove, e speranza di ottenerle, vedendoci sul principio delle loro richieste, negar loro una cosa e poi in fine concederla; sicché questa opinione contraria dava loro attacco di richiederci molte cose, di sperar di ottenerle, e che in fine discendessimo alle voglie loro.—Rispose messer Marco Dandolo, Savio del Consiglio: che la lega è sempre semenza e principio di guerra; che il dar quindici galere per la difesa di Napoli metteva in sospetto il Turco che fossimo accordati contro di lui; nè ci valerebbe allora, se si dicesse: queste quindici galere si danno all’ imperatore contro i cristiani