176 l’instante in cui scrive: che era stato a visitazione dell’imperatore per introdurvi 1’ ambasciatore del duca d’ Urbino, il quale desiderava fargli riverenza, e che l’Imperatore lo vide assai benignamente e corrispose a quanto disse in nome del suo signore; poi quelle dei dodici, per le quali scrive: che subito eh’ ebbe le lettere della illustrissima Signoria in materia del restituire Ravenna e Cervia, si era trasferito al pontefice e gli aveva significato la deliberazione del Senato; cioè che, sentendo questa Repubblica la opinione di Sua Santità risoluta di volere queste due città, per non contravenire alle sue voglie, era contenta di renderle nella conclusione della pace, salve le ragioni che in essa aveva. Poi gli narrò il restante delle lettere, cioè che Sua Santità volesse perdonare ai cittadini che avevano favorito le parti nostre nel tempo che le città vennero sotto il governo della Repubblica, e non mancare della solita sua giustizia alli gentiluomini nostri e ad altri che possedono beni in quei territorii e città; in fine, che Sua Santità si volesse interporre in questo trattato di pace con Cesare, e fare che la sua autorità ci giovasse. Il pontefice rispose: che questa nuova gli era stata di sommo piacere, e perciò infinitamente ne ringraziava la Signoria. E qui usò altre parole assai che dimostrarono, che questa deliberazione gli era stata tanto grata quanto ogni altra che gli fosse potuta occorrere, e gli promise di adoperarsi nella pace a benefizio della Repubblica, e di perdonare e di serbare la giustizia che gli fu richiesta riguardo alle due città. Fatto questo ufficio, l’oratore si trasferì allo Imperatore e gli comunicò ogni cosa; aggiungendogli che questa deliberazione era stata fatta dal Senato, non tanto per sodisfare alla volontà del pontefice, quanto per far cosa grata alla Sua Maestà. In fine, per lettere dei tredici scrive messer Gasparo: di aver più volte fatto andare il suo segretario dal Gran Cancelliere col mandato, acciò vi ponesse sopra quelle dichia-