186 mandare una banda delle nostre genti, per occorrere al male che poteva nascere. Fu scritto a Bologna all’ orator nostro, che non vi essendo nuova in diverse lettere del successo della pace ( la quale pareva per le precedenti che dovesse presto seguire) si stava perciò in qualche sospensione d’ animo ; onde dovesse intenderne la cagione e scriverne subito al Senato. Poi, che dovesse assicurare il pontefice e l’imperatore del transito delle sue lettere a Ferdinando per Verona, dandogli notizia del passare pel veronese in Alemagna, in questi giorni, di due capi alemanni. Fu deliberato di dare ad imprestito al duca Francesco di Milano ducati cinquemila, per poter pagare le sue genti; ma che 1’ oratore se ne facesse far ricevuta. Furono infine messe alcune parti dei particolari; tra le quali di beneficare uno che attende all’ufficio dei camerlenghi; ma non fu presa, per volerci gran numero di ballotte. Alti ventiquattro del mese di novembre, nel Senato furono lette lettere di Ferrara, che avvisavano da Bologna che l’imperatore aveva fatto un ottimo officio per nome del duca colla Santità del pontefice nella materia di Modena e di Reggio, nella quale esso pontefice era stato trovato molto duro; ed era stato divulgato da alcuni, che il duca faria bene se porgesse qualche partito al papa, perchè, chi sa che non 1’ accettasse. Al che il duca aveva risposto di non volerlo fare, avendo presentito che il pontefice diceva: « Io non mi troverei satisfatto se il duca, in compenso di queste due città, mi desse due terzi del suo stato». Onde era disposto di ottenerle, se poteva, dal pontefice in grazia, e non potendolo, difenderle colle armi; colle quali se poi le perdesse, diceva: pazienza. Si ha parimenti avviso, che il Duca di Milano era giunto a Ferrara, e che dal nostro oratore, che ivi stava, e dal duca era stalo incontrato e alloggiato nelle sue stanze.