149 sieme si maneggino per vantaggio maggiore delle cose pub-‘ Miche. E parimente, che in caso di qualche richiesta contra i Turchi, non dia orecchia, ma iscusi la Signoria, la quale, per le facoltà dei nostri che si trovano nello stato di quelli, per li molti e lunghi confini che tiene seco per più di duemila miglia, non può muoversi contra: che dovesse in ogni modo e con ogni diligenza fare che in questa pace fossero inclusi li duchi d'Urbino, di Milano, di Ferrara, e la repubblica di Firenze; e se ricusassero di accettare li due ultimi, per nessun modo concludesse senza i due primi. In fine, ritrovandosi egli sul fatto, se vedesse il Pontefice risolto di non lasciarci o di non contraccambiare con noi le due città di Ravenna e Cervia, debba in questo caso ricorrere a Cesare, e pregarlo che voglia assumere le ragioni che abbiamo sovra dette città, e con lo potere di sua maestà appresso il pontefice, strìngerlo a compiacerci della giusta ed onesta dimanda che gli facciamo. Oltre la informazione, gli fu mandato, nella forma che si suole, il potere ampio e largo di concludere la pace col maggiore vantaggio che gli darà 1’ occasione, non altrimenti che se vi si ritrovasse il serenissimo Principe e la illustrìssima Signorìa col Senato. M. Girolamo da ca’ da Pesaro, Savio di Terraferma, fu differente dagli altri in quella parte della restituzione delle terre del regno di Napoli; le quali egli non voleva che fossero promesse all' imperatore, se non dopo che le sue genti fossero uscite d’Italia ovvero disciolte. Ma M. Francesco Venier, suo collega, volle rimovere quelle parole: che l’oratore dovesse pregar Cesare a interporsi col pontefice e pigliar la difesa delle nostre ragioni sopra Ravenna e Cervia; con opinione che, quando si sia sperimentata la volontà del pontefice contraria a tale effetto, non se ne faccia altro. Furono ballottate le sopradette opinioni, e di largo giudicio fu deliberata quella dei Savi.