161 stra e della Santa Sede, io voglio porre inanzi agli occhi di lei le cose lurchesche, le quali minacciano grandissimo perìcolo e rovina a tutta la religione cristiana. Perciocché, sebbene il Signor Turco si sia ritirato dall’assedio di Vienna, tuttavia li stati del reame di Napoli e di Sicilia si trovano male assicurati, come da (tersone degne di fede è stato detto; e si dubita che sia per pigliare questa impresa ; e Cesare aveva deliberato di accordarsi coi prìncipi cristiani, principalmente per poter schivare i pericoli lur-cheschi, mettendo genti nei luoghi suddetti, che sono senza presidio: sicché Sua Santità non doveva guardare nè far tanta stima di una Ravenna e di una Cervia, che per quelle impedisca un così salutare effetto a tutta la Cristianità; perchè, quando Sua Santità non volesse assentirle, saria cagione di disturbare la pace così necessaria al ben comune d'Italia ». Per le quali parole, scrìve che il pontefice si risentì alquanto, e gli disse: « Le cose che mi avete dette son vere ; ma perciò non voglio essere solo che mi dolga e pianga: questo è mal principio di pace; anzi, fatta, la discioglierà, se noi porrete da canto a. La qual cosa vedendo messer Gasparo, e conoscendo che non facea bisogno per allora dir altro, fece cadere il papa in altro ragionamento, e gli domandò: « Piglierà l’imperatore la corona in Bologna o in Roma »? rispose il pontefice: ■ La mente di Cesare è di torla in Bologna ; ma certi Bomani hanno detto : se Cesare si coronerà in Bologna, sarà chiamato imperatore dei Bolognesi e non dei Romani ; onde stava in dubbio di quello che doveva fare ». E così mettendo fine alli ragionamenti, l'oratore prese licenza; il quale dopo pranzo cavalcò fuori della città ad un luogo chiamato la Certosa, dote una parte dei cardinali era ridotta per incontrare l’imperatore, che doveva giungere in quella sera. Sopraggiunse infatti l'imperatore poco dipoi; innanzi al quale venivano quaranta uomini d’ arme e quaranta borro/. rii. ’ *i