267 Verso il re Ferdinando, fratello di Cesare, non mi pare che abbia se non buona mente; non avendo anche cosa alcuna in che competere con lui. Al duca di Milano ha buonissima inclinazione, e ha fatto per la conservazione di Sua Eccellenza ogni buono ufficio con Cesare; ed egli ha grandissima confidenza in Sua Santità. Verso il marchese di Mantova è ben disposto, e pare che fra di loro sia sempre stato amore e confidenza assai. Al duca di Ferrara, per mio giudizio, ha Sua Santità animo pessimo; imperocché, oltre alla competenza dello stato e di Modena e di Reggio, parve a Sua Santità che la presa e la rovina di Roma, sia stata principalmente causata da esso duca, perchè si accordò con monsignor di Borbone e gli dette passo e vettovaglie: il che, quando non avesse avuto dal duca predetto, quell’esercito non avria potuto passare alla rovina di Roma. Al duca di Urbino, penso non abbia molto buon animo, per le cose passate, ancorché non lo dimostri. Questo è quanto mi pare di poter narrare del pontefice, che sia degno della notizia delle SS. VV. EE. Appresso Sua Santità, nelli negozii di stato, non ci è alcuno che possa più del magnifico Don Giacomo Salviati, suo cugino per la moglie, che fu sorella di papa Leone. Costui è uomo di pronto ingegno; sebbene molli non lo stimano così grave, come saria il bisogno. È di natura francese, e ha sempre tenduto a quella via, ancorché ora paia applicato a Cesare, accomodandosi ai tempi. Usa il pontefice per segretario il Sanga nelle cose di stato; il quale fu già segretario ed allievo del vescovo di Verona. Gli è molto congiunto per antiquissima affezione il cardinale Santiquattro, di casa Pucci, fiorentino; ma costui non s’impaccia che delle cose di Fiorenza; e sebbene io creda