324 ogni prova di conseguirla. Ed invero, Principe Serenissimo, si vede che la Santità Sua, producendo innanzi questi moti, non saria difficile a metter da parte ogni rispetto di quiete e neutralità; perchè in questi colloqui avuti con me in Perugia 1' ultima volta eh’ io fui seco, mi tenne fino alle tre ore di notte parlandomi sopra due soli capi. Il primo, che essendo pervenuto alle orecchie di Sua Santità, che il duca d’Urbino avea detto, in proposito della venuta sua a Venezia, che resteria volentieri di venirvi, perchè il partire dallo stato suo non era senza pericolo; e ritrovandosi il papa a Perugia, luogo molto propinquo a Camerino, ed essendo ornai scorso il tempo delle induzie, eh’erano fino al giungere di Cesare in Italia, Sua Santità entrata in collera mi disse: « Che tregue, che tregue? adunque io ho tregue con un mio vassallo? Non sapete voi, oratore, che ad istanza di Cesare e della illustrissima Signoria, fummo contenti di soprasedere dall’ armi fino alla venuta dell’ Imperatore in Italia e finché ci siamo abboccati insieme; ed avendo fatta tale promessa, non l’altereremo mai; chè piuttosto non l’avremmo fatta, non essendo forzati a farla, clic dapoi fatta, mancare della nostra parola? Ma ben vi affermiamo che saremo con Cesare e gli faremo constare le ragioni nostre; non per avere sentenza da lui, chè non vogliamo compromessi; e se Sua Maestà Cesarea vorrà che alcuno de’suoi dotti oda le ragioni nostre, non recuseremo mai; perchè tanto più consteranno al mondo le ragioni che abbiamo contro costui; non aspettando neppure da loro sentenza o giu-diclo. E ciò fatto, se Cesare si rimoverà dalla inclinazione che ha verso il duca, a tempo nuovo non mancheremo di fare ogni cosa gagliardamente cogli amici nostri ( chè sappiamo che non ci mancheranno quando ci bisogni ) e di andare noi in persona, se anco dovessimo lasciarci la vita, finché otteniamo l’intento nostro. E il mondo conoscerà che non siamo giammai per mancare alla difesa delle ragioni