172 nella conclusione della pace, servandosi le ragioni che ha sopra quelle, da essere in tempo più opportuno riviste e giudicate. E dipoi, dovessero pregare la Santità sua, chesi degnasse favorire le nostre differenze coll’ Imperatore nel maneggio della pace. Fatto questo officio col pontefice, andasse subito a Cesare, e comunicassegli la presente deliberazione.— Il Gradenigo parlò in nome di tutto il Collegio; replicando le ragioni dette dal Dandolo e dal Veniero. Il Pesaro fece rileggere la sua opinione, letta il giorno inanzi al Senato; e appresso una lettera indirizzata ai capi del consiglio dei Dieci, per la quale era scritto: che le cose di Firenze stavano in peggior stato di quello che sinora si era divulgato; e di poi replicò la difesa della sua opinione in conformità delle cose dette nel giorno inanzi. Mandate le parti, fu di largo giudizio deliberata 1’ opinione del Collegio, con ballotte circa centoquarantuna; quelle della opinione del Pesaro furono forse quarantadue, e alcune non sincere. Ai dodici di novembre si lessero nel Senato lettere di messer Gasparo Contarini, nelle quali vi era: che essendosi egli ritrovato col pontefice, Sua Santità gli dimandò, se credeva che la Signoria sospendesse per ora le armi; ed avendo lungamente parlato sopra di ciò, esso gli aveva risposto: « di tregue ovvero di sospensione di arme io non ho commissione alcuna, ma farò intendere alla Signoria quanto la mi ha detto; e Vostra Santità ne saprà poi la risposta». Egli scrive appresso, che, considerando sopra questa proferta del pontefice, giudicava che 1’ abbia fatta per ottenere da Cesare, fatte le tregue, più facilmente, che le genti che sono in Lombardia, vadano in Toscana all’ impresa di Firenze (1). Scrive ancora che, avendolo il pontefice invitato ad andare, la seguente mattina a buon’ora, all’alloggiamento del gran cancelliere, e lo stesso avendogli mandato a dire (1) Il principe d’Oranges si era già accampato intorno a Firenze li 21 di ottobre.