23 Soggiunse poi l’eminentissimo, che si trovava per molte cause molto obbligato a vostra serenità; ma avendogli fatto questa repubblica questo cosi gran favore di avergli mandato un ambasciatore, conosceva che con tanto benefizio gli aveva tolto il modo di potersi disobbligare; con molte altre parole in questa materia, le quali conosco esser debito mio tacerle. Entrò poi a dire che io volessi affermare alla serenità vostra chela intenzione sua era di non mai partirsi dall’ antica sua servitù verso la serenità vostra, ed al signor duca suo nipote non voler imprimere cosa più ferma che una simile divozione a questo illustrissimo stato; il che conosceva essergli molto facile, essendo nato di chi è nato, e dovendo essere sotto il governo di chi dee essere: pregommi che io dovessi così assicuratamente dirlo, come cosa che non potesse essere altramente. E certo, serenissimo principe, siccome ne è buon testimonio il segretario mio, lo diceva con tanto affetto quanto era bastante a far credere che lo dicesse di cuore, e perla verità. Discorse poi delle laudi del governo di questo serenissimo stato, con tanta copia, che il segretario ed io, come Veneziani, non potemmo se non molto consolarci, dicendo chequi è la vera immagine e idea della vera repubblica, ove con tanta concordia vivono li cittadini, ove con tanta egualità si amministra la giustizia, ove tutti hanno un solo fine, che è la grandezza e la dignità pubblica, e che questa repubblica aveva passata la gloria di tutte le repubbliche, per esser nata cristiana, per la comodità del sito, per la instituzione delle leggi, e per il modo del governo, il quale sua signoria reverendissima si aveva proposto d’ imitare in tutto quello che potesse. Nella fine disse, che vostra serenità le faria singoiar gra-