88 ul poco rispetto die ebbero in aprir forzieri e far pagar dazio di ogni minima cosa, che è pur costume più di barbaro che di civile, e coutra le ragioni delle genti, non si usando nè anche nel paese dei Turchi questo poco rispetto agli ambasciatori di principi ; lasciando, dico, queste cose da canto, sebbene sono di molta importanza, dirò che io, rappresentante, non sono stato ricevuto all’udienza con quella dignità della serenità vostra che era obbligo suo, perchè il duca, così la prima come la seconda udienza , mi ricevè nella camera della principessa, tra le donne, mostrando di stimar tanto poco il favore fattogli dalla serenità vostra, che non occorresse ricevere il suo ambasciatore se non in quel luogo, e tra quelle persone, ed in un certo modo a caso, confermando anco di aver stimato poco questa onorata dimostrazione di vostra serenità, con l’avermi solamente accompagnato sino alla porta del camerino dove era. La medesima alterezza mostrò il principe nell’ udienza, il qual di più fece che la principessa, dalla quale voleva io prender licenza, mi commiatasse stando ferma in letto, dove dopo il desinare si era posta a dormire; e questo fu ogni segno di onore che mi fu usato dalle loro eccellenze. E sebbene, serenissimo principe, scrissi alla serenità vostra che il giorno ch’io entrai in Fiorenza fui incontrato da grosse compagnie di molli nobili della città, con molto onore di questa serenissima repubblica , però di poi fui informato in Fiorenza, che pochi furono quelli che vennero in nome del duca e del principe ; ma che la maggior parte fu di gentiluomini fiorentini , parte allevati in Venezia, parte dipendenti da quelli che abitano in questa città , i quali per avere qualche ami-