il suo stato; in modo che può questo principe, ad ogni suo volere, farseli cader nelle mani anco senza colpa; ma non lo fa , nè lo farà forse così tosto, sì perchè essendo quella repubblica raccomandata all’imperatore e camera dell impero, non lo potria far senza offesa e risentimento di esso, e sì anco perchè gli torna forse più conto e più comodo che se ne viva quella città in questa sua libertà, che dell’averla del lutto a lui sottoposta, certo di servirsene in questa maniera ad ogni suo volere e bisogno, così delle facollà con imprestiti, come di gente per quello ella potesse , ed alfine in alcuna sua richiesta non aver mai la negativa. Che quando se ne volesse far padrone, saria sicuro che quelli uomini avvezzi alla libertà , e di essa , quale ella siasi, amantissimi e gloriosissimi, ricchi piuttosto di danari contanti e di facollà mobili, che di possessioni e di altri beni stabili, abbandonando la patria, lascieriano le mura e non la città, che questa consiste nelli uomini ed a questo modo perderla in gran parte il comodo che ora ne riceve. Avendo sin qui narrato quali siano le intelligenze che ha questo principe con gli altri, o per confini e vicinità seco, o per potenza e reputazione degni di considerazione, mi resta solo dire qual sia la soddisfazione dell’animo suo verso questa serenissima repubblica, avendolo riservato in questo ultimo luogo, come cosa die, per la utilità che porla la cognizione di essa, suole essere l’ultimo scopo e fine di chi riferisce. Questa dunque, se pure dalle cose estrinseche, da segni apparenti e da straordinarie dimostrazioni si può comprendere, ed anco se le ragioni di stato e In utilità propria, che è solo argomento che vaglia nelle menti