360 RELAZIONE DI FRANCIA (o fosse l’Anvilla o il medesimo Momoransì), da niuno di loro sarebbe accettato il carico, temendo e questo e quelli, se uscissero del regno, lasciando i lor carichi, che non vi tornassero più. Però se il re non si servisse di monsignore di Guisa, o di alcun altro degli altri della fazione contraria , che fosse persona stimata, e capace di un simil carico, niuno è che a modo alcuno vi s’inducesse. Ma quanto alla guerra esterna, di questa n’ hanno grandissima voglia, e si dogliono mostrando di non aver potuto valersi dell’ occasione dei moti di Genova dove sono stati chiamati. E non hanno mancato, nè mancano tuttavia di tutti quegli offici e aiuti e di viveri e di munizioni che hanno potuto somministrargli e dalla parte di Provenza e dal marchesato di Saluzzo, conoscendo molto bene che la guerra esterna è tanto più loro necessaria in quanto che avviene, per la lunga continuazione della guerra, che tutti i paesani che prima erano disarmati e vilissimi, lutti dati all’arte del campo e all’ agricoltura, ovvero ad alcuna delle arti meccaniche, adesso sono tutti armati, e talmente esercitati e agguerriti che non si distinguono dai più veterani soldati ; tutti fatti archibugieri eccellentissimi. Onde, se a questo non si trova modo e occasione dove impiegarli (la qual’occasione non può esser altra che con una guerra esterna spingerli fuori del regno), è grandissimo pericolo che (non sapendo questi vivere in altro esercizio, come assuefatti a ciò sino da putti, e non potendo accomodarsi a viver con la pace) non si sollevino, con fine, se non altro, di andar rubando e depredando il paese, e ciò che venisse loro alle mani ; massime che non sariano per mancar loro capi, e del numero dei nobili. E questa, appresso all’ altre, è una di quelle cose che, come pericolosissima, dà molto da pensare. Avendo detto fin qui quello che intorno alla quiete del regno si possa sperare, passerò ora ad alcune considerazioni sopra la persona del re, e d’ altri pochi più congiunti di sua maestà, a fine che con tanto miglior lume possa la Serenità Vostra esser chiara degli umori di là. Quanto al re, Serenissimo Principe, lascerò di parlare delle