BAILO A COSTANTINOPOLI -123 Eccellentissime al mio ardente zelo, se avessi trapassato il termine della modestia in rappresentar loro questo particolare che mi sta fisso nell’ animo pel dubbio che, cessando la guerra d’ Ungheria, costui di sua autorità non rivolti le armi altrove, quando si tenesse offeso in veder che la Serenità Vostra, perchè lontano, non facesse conto di lui, e che confidata nella guerra cogl’ imperiali si fosse rallentala da quelle amicizie che a Costantinopoli possono servire di puntello alla conservazione della pace. Appresso il generale è il gran cancelliere, che fa anco ufficio di nisangì in segnare li comandamenti, perchè egli al campo ordina e ispedisce i negozj col medesimo segno , autorità e forza che fa il Signor istesso alla Porta, senza alcuna distinzione nè diminuzione; e la Serenità Vostra, sotto nome del re, ha avuto da esso generale una lettera imperiale, resale da Pervis defterdar di Bossina partito dal campo. Li successi della guerra d’ Ungheria hanno fatto conoscere al re eh' esso ha commessa la sua dignità e la grandezza dell’ imperio alla disposizione di un uomo furioso, che perciò ha perduto il rispetto e la obbedienza nell’ esercito, e si stima difficilissimo il restituirgliela; onde tutti dicevano che bisognava levarlo e conferire il carico ad altri, ma il re non vi ha mai assentito, o sia per mancamento d’altro soggetto da sostituire o pèr non cader dalle speranze concede; ma la voce universale concorreva in questo, eh’ egli non fosse più atto a far bene il servizio del suo Signore. Tuttavia io ho dubitato sempre che si sostenga per le cause suddette, essendo massime aiutato dalli medesimi suoi nemici, non si trovando chi voglia subentrare al peso di così gran comando. Nè era fuori di proposito il concetto dell’ ambasciatore cesareo (come si lesse in alcune minute di lettere scritte a Sua Maestà, che i turchi gli levarono di casa) che non fosse altro soggetto alla Porta, che potesse inquietare le cose di Ungheria o di Polonia, che Sinan bassà, perchè per quello che apparteneva alla Persia egli era fermissimo in voler la pace, onde per assicurarsene non vedeva altro mezzo che tener pratica con alcuni familiari di casa sua per farlo avvelenare, dicendo che Sua Mae-