170 RELAZIONE DEL RE DE’ ROMANI che voleva con queste parole significare, e se fosse d’accordarsi con Francia, che desiderava tanto la rovina sua quanto quella del re di Spagna ; egli replicò, che se non bastava con Francia, si saria anco accordato col Turco per far il fatto suo. Questa mala sodisfazione conviene anco che sia nelli principi fratelli del re Massimiliano, perchè si trovano caduti da quella speranza che avevano concetta di potere alcun di loro per mezzo di qualche matrimonio ottenere qualche stato, sì come innanzi che andasse il re Massimiliano in Fiandra se ne ragionava ed io ne scrissi ; però se bene il re de’ Romani cerca di addolcire 1’ animo de’ suoi figliuoli, non è però che della mala contentezza di tutti questi successi non abbia qualche risentimento. Verso la Serenità Vostra, per quello che io ho potuto conoscere dalle operazioni estrinseche, il re ha dimostrato sempre buon animo, usando meco, suo rappresentante, ogni alto di umanità e cortesia. Ma è vero altresì che in quella corte non è del tutto cancellata la memoria delle guerre passate con Sigismondo signore del Tirolo e con Massimiliano Imperatore, e si ricordano pur troppo la cosa di Marano, dandosi ad intendere che senza il consentimento di questo Dominio non saria bastato 1’ animo alle genti di Francia di pigliarlo, nè sariano state sufficienti per tenerlo. Il re medesimamente se ne ricorda, perchè se bene non me ne ha fatto parola, ne ha però con altri ragionato, che me 1’ hanno riferito. Li disturbi ancora, che alle volte seguono nelli confini, non hanno alcun buono effetto; ma quello che nuoce più del resto è il mal uffizio, che di continuo vien latto dalli ministri suoi, massimamente da quelli che sono alli confini, i quali rarissime volte gli rappresentano la verità delle cose, ma narrando il falso danno ad intendere che il torto sia tutto dal canto delli ministri e sudditi della Serenità Vostra, e lo confermano con presenti che mandano alli consiglieri. Ma lo stato del re è tale, che più tosto si