DI MARINO CAVALLI 103 se pur per qualche rispetto non si volesse permetter questo in Venezia, si potria almeno concederlo alle altre città, come Padova, Verona, Yicenza e Treviso, che hanno copia grande di sete, e per non le poter lavorare essi, le vendono a Bologna, Firenze, Lucca, Genova, Modena e Milano; e si nutriscono a questo modo del nostro latte popoli alieni, e li nostri si impoveriscono e sminuiscono, come è accaduto in Vicenza, che di 24 mila anime che soleva fare, per la rovina di altri mestieri e per la proibizione di rilevar questo di nuovo, è ridotta che non ne fa 14 mila, e il medesimo potrà avvenire delle altre. Ho sentito io molti ridere del-l’ignoranza de’ Mori, che avendo loro il fior delle sete le vendono a noi altri, e poi da noi stessi comprano li panni di seta lavorati; ma l’is tesso forse si potria dire di noi, che facendo ogn’anno più di 300 mila scudi di sete nelle quattro città nominate, non le volendo lasciar lavorare, li nostri le vendono al li vicini, dalli quali comprano poi li panni di seta, li quali per contrabbando si portano in questa o nelle altre città; e così oltre il traffico e l’arricchirsi che fanno li forastieri in Germania, che lo potressimo far noi, li lasciamo anco arricchire nel paese nostro. Certo , poiché il parlar è di questa materia, non voglio restar di dire che mi son maravigliato molte volte come questo eccellentissimo Stato abbia per leggi statuito che tutti quelli che vogliono passar con merci a Lione per luoghi suoi, debbano venir prima a Venezia, e di là poi trarle per dove lor piace, per far questa città capo d’ogni contrattazione; il che sebbene per qualche tempo è parso cosa utile, si è poi veduto che è riuscita dannosa e impossibile, perchè li Alemanni, che di natura sono poco obbedienti, e non vogliono esser forzati a cosa alcuna, quello che per comodità prima facevano , ora violentati non vogliono fare, e hanno prese le strade di Trieste e di Milano, lasciando le terre di Vostra Serenità, e conducono le merci per dove lor piace , con