456 RELAZIONE DI FRANCIA DI GIOVANNI MICIIIEL di mille e duecento scudi di dono, mandatimi in una coppa d’ argento dorata ordinaria, per non mandarmeli, credo, in una borsa, accompagnando il dono con molte parole che contenevano così la soddisfazion che Sua Maestà diceva aver ricevuta da me, come quella che attestava che aveva ricevuta la felice memoria di suo padre per due anni che io 1’ aveva servito. Le quali parole non negherò che , per rispetto di Vostra Serenità, non mi fussero grate quanto altre eh’ io potessi intendere , per altro molto ben conscio della imperfezion mia. Il dono, come cosa della Serenità Vostra , è alli piedi suoi, per esserne usata da lei, se le parerà che io ne sia degno , quella sorte di liberalità che è solita e naturale di questo eccellentissimo Senato ; la qual, quando segua, riceverò per confermazion che 1’ opera e servizio mio non gli sia stato ingrato, sì come già 1’ ho ricevuta dall’ altre sue dimostrazioni, in particolar dal grado che mi trovo al presente, molto sopra il mio merito e sopra le mie forze. Le quali dimostrazioni, sì come non possono stringer più 1’ obbligo mio, così piaccia alla Maestà di Dio darmi grazia che con qualche effetto che fosse di suo servizio possa mostrarmene grato.