Dio volesse, Serenissimo Principe (1), Illustrissimi e Sapientissimi Signori, che sì come diligentemente ho procurato di bene intendere le cose, che io sono per riferire alla Serenità Vostra, e alle SS. VV. EE. dell’Imperadore e del serenissimo Re di Spagna suo figliuolo, così io fossi bastante di dare cotal forma al parlar mio, ch’io venissi a soddisfare a quello che può essere in me dalla Serenità Vostra e dalle SS. VV. EE. aspettato. Ma sebbene questo è piuttosto desiderio mio, che opinione che mi debba accadere in effetto , niente di manco dirò in quel modo che mi possono avere insegnato le continue fatiche e le occasioni a tempi così importanti e in così lunga guerra tra le Maestà loro e il Ile di Francia, il Pontefice, il Turco e i Mori, e nelle trattazioni di pace, e conclusioni di tregue, e rotture di esse, e in tante altre varie ed importanti negoziazioni con altri principi. Così facciami grazia Sua Divina Maestà che io possa inviare i concetti e le parole a quel fine, che è l’in-tenzion mia, conforme a quella della Serenità Vostra, cioè che in tutte le parli io sappia rappresentar la verità come ne ho la volontà. Parlerò prima dell’Imperadore come Imperadore, e (I) Il doge Lorenzo Priuli. Voi. Vili. 23