DI FEDERICO RADOERO 295 le flotte, oltremodo si patisce. Diverse terre usano di comprare quella quantità di biade che possono, e le conservano per vendere a’popoli nel tempo dei maggiori bisogni. Si può servire S. M. da’ detti paesi di sei fino a settemila cavalli, ma la descrizione ordinaria è di tremila, e ogni compagnia è di cinquecento uomini d’ arme , a’ quali sono aggiunti dugento arcieri , che vengono ad essere in tutto settecentocinquanta (1), li quali hanno nome di Borgognoni, benché siano di varie nazioni ; la qual mistura vien fatta per migliorar la gente d’arme, che per il vero ella patisce opposizione assai per la qualità degli uomini e capi, che nè per natura , nè per arte , nè per esperienza, nè per 1’ armar loro, si possono chiamare buoni soldati, da alcuni gentiluomini in fuori, che sono sparsi nelle compagnie. Li cavalli sono grandi e grossi, ma non hanno lena da durare una gran carica. Sono esse compagnie pagale da quelli stati, e la paga di ciascuno è di cinque scudi al mese. Di gente a piedi se ne potriano fare tino a trentamila, ma nè anche un terzo possono esser chiamati soldati, e da loro medesimi è stato ad alcune occasioni detto, che l’Impera-dore ha pur voluto far credere che siano, ma che la professione loro non è se non d’ artefici e mercanti. All’ incontro Massimiliano Imperadore usava chiamarli le mie daghette di piombo, e nel vero non sono nè robusti, nè gagliardi, nè pazienti alla tome, alla sete e alle fatiche; e quando si trovano alquanto inferiori a’ nemici non si possono astringere a combattere dando segno di gran timidità, ma quando sono superiori è cosa assai difficile che furiosamente non urtino. Potria Sua Maestà per ogni suo bisogno apparecchiare armata grande per il gran numero di navi e barche che vi sono, che tra l’isole di Olanda e Zelanda ne sono forse (1) 0 deve leggersi settecento, o è deficienza di cinquanta in una delle due numerazioni precedenti.