DI MARO’ ANTONIO BARBARO. 1573. 415 senza fruito alcuno, poiché già tanto tempo s’era conosciuta la mente del bassà ? E quante volte abbiamo ragionato in compagnia noi tre (1) in Costantinopoli di questa sua venuta, e il Tiepolo diceva che, quando fosse stato in sua libertà , non avrebbe voluto che nè lui nè Alì bei vi fosse fatto venire, non si sapeva però, discorrendo, ritrovar impedimento ragionevole a cosa tale. Non voglio ora , Principe Serenissimo , passar più avanti ; mi basti dire che non è facile acquistarsi gli amici, e meno ancora il conservarli, come anco molto più facile è il perderli. Questo è quel tanto che io ho voluto dire per informazione delle cose passate, acciocché siano lume e scorta alle venture, e che intendendosi meglio i negozj di Costantinopoli dai passati successi, si possano trattare le cose future con beneficio dalla conservazione della pace di questo Serenissimo Dominio. Lo che consiste, per opinione mia, in queste due cose ; l’una , nel negozio fatto con dignità e riputazione ; 1’ altra , nel provvedere così gagliardamente alle cose nostre, ponendo da parte tutti i rispetti, che si abbia congiunto insieme il volere cd il potere difendersi ; senza i quali due fondamenti , che aggrandiscono la reputazione dello Stato, io per me veggo le cose nostre in estremo pericolo. (1) Esso Barbaro , il Badoero mandalo per la confermazione della pace , e il Tiepolo che gli succedeva come bailo a Costantinopoli. FINE DELLE RELAZIONI