ni TOMMASO CONTARIM. 1588. 279 è tanto grande di ricchezza e di potenza , che alla perfezione della sua grandezza non manchi altro che il principato, non si astiene dal desiderarlo e tentarlo, eziandio con la morte del principe. Per questo non esaltarono mai alcun loro ministro tanto che dalla sua esaltazione al principato non vi fosse qualche intervallo, e non gli restasse qualche cosa da desiderare. Per tal causa non hanno mai costumato di dar titolo di capitano generale in tempo di pace, nè hanno alcuno che abbia cura del danaro e che sia capo delle cose dello stalo ; ma P oro, il consiglio e 1’ armi sono amministrate dal solo principe. Quanto ai pericoli esterni è molto bene munito quello stato ; solamente dalla parte di mare è mal sicuro per i porli che possiede il re di Spagna. Per questa causa hanno sempre procurato con la confidenza , con P ossequio e con servizj di danari e di gente nei bisogni, obbligarsi quel re per indurlo a far libera restituzione di quei luoghi. Il che quando succedesse, quello stato saria il più. sicuro d’alcun altro d’Italia, e il Granduca si potria far più potente sul mare, e saria allora veramente assoluto dominatore della Toscana. Ma il re Cattolico non farà mai questa risoluzione, perchè a questo modo ha la porta aperta da entrar in Toscana quando gli piace, e può valersi della forza del Granduca e delle comodità del suo stato; e quello che importa, nutrendo nel Granduca la speranza di dargli quelle piazze, otterrà da lui quello che vorrà, mentre lasciandole libere cesseria questo fondamento , nè potria conseguire alcuna cosa di quelle che addimandasse. Pensieri e disegni proprj. Ha pensiero principalmente di accrescere il còmodo delle arti C della città , e di dar a quelle ogni comodità acciò possano lavorare ; ond’ è che nell’ ingresso del suo principato ha imprestato alle arti danari acciò si possano augumentare i negozj. Ha volto P animo alle cose di Pisa , acciò si empia di popolo e vi si faccia gran traffico ; impresa grande e difficile , perchè quella città è abbandonata da tutti i nobili, e non vi essendo quelli, il popolo non può vivere. Sono i pisani protervi, nè ancora possono tollerare di esser servi de’ fiorentini, con i quali hanno cosi gagliardemente combattuto ;