RACCONTI POLITICI DELL’ALTRA PACE stero ci vedono come un Paese che va alla deriva, e se è esatto che anche per questo non ci danno nè i compensi che ci spettano nè la posizione che abbiamo conquistata con la vittoria. Rispondo di sì, ch’è vero, anche per questo. Borgese mi assicura che la liquidazione della crisi scoppiata tra gli scontenti della guerra e determinata da essa sarà salutare, « porterà presto alla pacificazione spontanea fra i partiti » e ad un assestamento spirituale perfettamente equilibrato. Lo guardo con stupore: ma sa costui che cosa è veramente la nostra Italia, in confronto degli altri vincitori? È un paese vinto, vinto nello spirito prima che nella lotta diplomatica. Tutti i democratici che avvicino mi dicono che « basta con queste idee di grandezza ». Nei dintorni di Milano, il treno passa nelle zone industriali tra fabbriche che hanno qua e là una bandiera rossa, alcune sui fumaioli. Viaggio in compagnia di un Francese, René Lara del Figaro, che ha dei parenti a Roma: mi dice che è partito per incarico del suo giornale, per condurre un’inchiesta « sul comuniSmo in Italia ». Gli dico che esagera, ma debbo convenire che due mesi fa, in Germania, ho constatato che la disfatta ha provocato conseguenze forse meno gravi di queste che la vittoria ha prodotto da noi. Lara conclude: — Heureusement la France est la capitale de l’ordre en Europe: après avoir sauvé la civilisation, nous sommes en train de sauver l’ordre social —. Non posso sopportare questa continua, petulante, vanitosa tiritera francese: loro salvano sempre tutto. J 30