RACCONTI POLITICI DELL’ALTRA PACE nere per la pubblicazione. Egli è indubbiamente cortese, manieroso e riguardoso, ma questo non mi rende più difficile il metterlo rapidamente alla porta. La mattina dopo entro furioso nello stanzone di Zaglul, gli racconto l’accaduto, gli urlo in faccia che io eseguo la politica dell’Italia e non quella dell’Egitto, che l’Italia si rifiuta di riconoscere il protettorato britannico sul trono di Fuad, e che la gioventù nazionalista italiana, della quale io faccio parte, approva pienamente questa condotta del Governo di Roma. A ciò soltanto si deve se mi adopero per diffondere le ragioni e i diritti dell’Egitto moderno. I soldi, li distribuiscano alla stampa francese; e se hanno bisogno di un mio contributo personale, per quanto modesto sia, per propagandare i loro argomenti, possono contare sui miei limitati mezzi e sulle mie molte amicizie: ma dicano ai Wafdisti di Egitto che l’Italia è con loro. Zaglul capisce perfettamente di aver lasciato fare ai suoi collaboratori un madornale errore non solo di psicologia. Si alza in piedi, mi viene incontro e mi dice con eleganza di espressioni e con emozione nella voce che mi sembra sincera: — Vi ringrazio della lezione: noi siamo molto giovani, e poi siamo male abituati dalla mentalità mercantile inglese e dalla corruttibilità della stampa francese: perdonateci e rimaneteci amico. — Poi, con nervosismo tanto infantile e spontaneo da essere commovente, mi prende le due mani e le stringe con effusione orientale mormorando parole che non capisco. Che cos’è mai questo Mediterraneo che permet- 260