RACCONTI POLITICI DELL’ALTRA PACE ce nasale, e quelPironia costantemente contenuta o sopraffatta da accenti improvvisamente generosi. Ri-trovo subito l’uomo originale che avvicinai qualche volta, io allora quasi ragazzo. Ho fissa negli occhi l’immagine di lui. Ha ascoltato il mio colloquio con il principotto malissoro, e ha sorriso con intenzione verso di me, come per dirmi di lasciar perdere. Poi parla, e fa cadere un accento che fa una depressione A metà di ogni frase, come se le conclusioni non fos-sero in fine ma al centro dei suoi lunghi periodi (i). — Non mandate il rapporto, sarebbe una ragazzata; ascoltate tutto e riferite poco; solo così si può riferire quello che veramente serve. Ne passeranno tanti, di questi signorotti albanesi, nel vostro studio. Ogni albanese che parla con un Italiano ha i suoi uomini, le sue forze e i suoi segreti per riuscire. Ma è sempre meglio non farne niente, e aspettare che il destino dell’Albania maturi da sè. Maturerà, state sicuro, e si affiancherà al nostro. — Ma « chi sveglierà, Marchese, la Valchiria schipetara »? Sono parole di V. E. del 1902; e « se Sigfrido venisse dal Vardar »? — No, no. « Poche ore di mare separano Brindisi da Valona e l’estremità della via Appia dal principio della via Egnazia ». Queste cose nessuno potrà cambiarle mai. E se per lunghi decenni « gli eserciti, le merci, le influenze e le idee sono passati (1) Tutte le frasi fra virgolette sono citazioni dalle Lettere sul-l’Albania; gli altri pensieri e programmi attribuiti a Di San Giuliano sono parafrasi di espressioni e brani di discorsi da lui pronunziati in Parlamento. 84