LA FIERA DELLE ILLUSIONI dità che non si appanna mai, della sua indipendenza che non si arrende mai, della sua malinconia che non si rallegra mai, trovo in lui tutti i toni che mi occorrono per restare ottimista senza diventare stupido. Quando egli mi cerca, e vuol discorrere con me, oltre tutto mi sento qualcuno per il fatto stesso ch’egli mi cerca e vuol discorrere con me. Io non gli offro la mia compagnia, e proprio non gli domando protezione. È lui che naturalmente mi vuol bene, forse per quel minimo di equilibrio costante e per quel promettente inizio di misura che trova in me. La rispettabilità dei suoi 60 anni è piena e palese e intera, i suoi giudizi sulle cose e sugli uomini mi convincono che non sono solo a vedere certe cose, la sua severità nei principi e la sua umanità nel vivere quotidiano mi incoraggiano a uscire dalla mia serena e feconda solitudine; la costruzione classica e romantica insieme del suo spirito (questo egli non lo ammetterebbe mai) mi accolgono con ospitalità illimitata, riconducendomi nel clima unico e nativo, quello della fine del secolo napoletana, impregnata del gusto inimitabile conferitole dai vecchi pensatori e patrioti, giuristi e letterati. Egli ci rappresenta in non so quale grosso Comitato giuridico o economico. Ha sofferto come pochi la tragedia della nostra quotidiana umiliazione alla Conferenza. È un diagnostico preciso della crisi italiana, ma più ancora della programmatica ostilità degli « Alleati ». Li ha studiati in ogni mossa, in ogni tranello disposto per farci cadere. La sua in- 23