RACCONTI POLITICI DELL'ALTRA PACE stranieri; se si prende in considerazione tutto ciò, si concluderà facilmente che i 9 milioni di Italiani all’Estero di oggi saranno, mettiamo nel 1950, non più di sei o cinque. Si può, si deve prevedere un lento naufragio dell’italianità oltre frontiera nel vasto oceano delle razze altrui; il nostro sangue e la nostra civiltà avranno servito da materia prima per la costruzione — in alcuni casi per la fondazione — della ricchezza e della vitalità di altri popoli. Che cosa resterà all’Italia? Una vaga permea-zione della ricchezza e della vitalità di altri popoli, e innumerevoli tombe di Italiani dal Capo di Buona Speranza alle Foreste del Matto Grosso, da Broo-klin a Marsiglia. Chi non ha assistito alla sommersione di collettività italiane sotto le correnti impetuose della incalzante demografia altrui, non può comprendere come sparisce, evadendo dalla storia propria e dalla propria civiltà originaria, una massa umana che pure ha caratteri secolari di illustre civiltà — la sola che dura nel mondo da venti secoli! La sparizione delle nostre correnti emigrate nella demografia altrui presenta i caratteri inesorabili dei fenomeni della natura, e riproduce i fatti delle antiche emigrazioni. La nazionalità è l’insieme di una serie di valori storici, ideali, artistici, geografici, climatici, morali — e anche di sangue, a patto che il sangue resti puro. A che cosa, a quali forze di conservazione può essere affidata la nazionalità degli Italiani all’Estero, se si estrania al clima, alla geografia, alla storia, agli ideali, agli interessi — al sangue stesso degli Italiani?