RACCONTI POLITICI DELL'ALTRA PACE Questo Paese che vive la vita politica con profonda intensità, è ancora capace di servirsi del Par-lamento per le più rapide e improvvise mosse: dà ancora grosse prove dell'autorità dell’eletto del pò-polo nel regime repubblicano. La prima prova, dopo la firma della pace, l’avemmo nel gennaio 1919, quando in dieci ore i cattolici e i socialisti seppellirono la candidatura di Clemenceau all’Eliseo, e la sostituirono con quella di Deschanel. Il gesto fu spiegato perfettamente: il Parlamento ne aveva abbastanza dell’autocrazia di Clemenceau, e, temendo che il padre della vittoria creasse alla Francia inimicizie in tutta Europa, preferì mandare alla suprema magistratura un uomo mite come il disgraziato Deschanel. Ma oggi? Quale è la ragione per cui il Senato e la Camera dicono chiaramente a Millerand che il suo nome poteva raccogliere una notevole maggioranza, ma non l’unanimità? Si può dire che la colpa della strana e improvvisa freddezza che ha accolto Millerand alla Camera è precisamente sua: era andato troppo oltre nella definizione ufficiale del proprio programma; aveva tentato di portare all’Eliseo il potere spettante al Parlamento, e questo non ne aveva voluto sapere. Mentre la parte giovane accoglieva con calore questa innovazione, un’altra parte, quella conservatrice, dava mano alla opposizione democratica. Il Senato, fedele alle leggi che la Comune creò cinquant’anni fa in questo Paese profondamente tradizionalista, non voleva a nessun costo, o per lo meno tollerava con grande difficoltà, che si trasformassero leggi di- 348