RACCONTI POLITICI DELL’ALTRA PACE sono mai troppi, nel mondo arabo, e Maometto disse una volta che « gli scritti si possono lacerare, ma le parole udite da terzi no ». Zaglul è alto e magrissimo, un corpo dinoccolato che sembra addirittura disarticolato, molto dritto di schiena, il piccolo capo rotondo estremamente mobile quando egli non pensa e non parla. Quando pensa o parla, fissa lo sguardo, l'espressione, i muscoli del viso e in fondo tutta la persona, e si concentra in un visibile sforzo di considerevole interesse psicologico. Se un giorno avrò da fare con gli arabi del Mediterraneo, Zaglul mi sta fin da ora preparando all’eventuale contatto. Io fingo sempre di guardare le sue mani, per sorprendere poi d’un subito il suo sguardo, ma devo riconoscere che sono frequentemente battuto. Gli occhietti acutissimi e sempre socchiusi contengono veramente un mondo, ma raramente lo esprimono: un mondo affascinante ma misterioso, di illimitate aspirazioni politiche ed umane, di ambizioni patriottiche, forse di odi di razza e di religione, comunque un coacervo di stati d’animo terribilmente complessi, inseparabili l’uno dall’altro. Madama Zaglul, che molto spesso tiene compagnia all’illustre consorte nei colloqui politici, è una bella donna quasi maestosa, ricca di dolcezza istintiva e di matronale austerità: ella non ha quasi nulla della donna araba, la direi piuttosto una cristiana d’Oriente, e comunque mi ricorda le fisionomie berbere femminili del confine tunisino: ella accompagna con cenni del capo e dello sguardo tut-