RACCONTI POLITICI DELL’ALTRA PACE 18 dicembre 1918 Giolli è venuto a vedermi, e mi ha portato una carta geografica della regione istriana e giuliana. È al 100.000, bianca, con le didascalie stampate in francese e i nomi dei luoghi in sloveno. Al sommo del golfo Adriatico, macchie di colori vivaci sepa-rano l’Italia dai Paesi che saranno con essa confinane ti. C’è già una frontiera: questa frontiera è ad ovest di Trieste. Trieste non è italiana, è fuori del nostro territorio nazionale, è attribuita alla Jugoslavia. La carta geografica è stata presa da Giolli nel cortile di via Bonaparte 17, su un carretto che ne portava alla posta duemila, indirizzate a giornali, riviste, de-putati, rappresentanze diplomatiche, accademie, scuole. Sono spedite da Benesch. L’armistizio è stato firmato appena un mese fa, e già il lavoro contro di noi è in pieno svolgimento. La mutilazione della vittoria italiana è cominciata. Vado a via Montpensier, dove agisce un mode-sto ufficio italiano di propaganda, dipendente dal Sottosegretario Gallenga. Mostro la carta, e intorno ad essa discutiamo con don Vercesi, il capitano Cittadini, il professor Savi-Lopez. Sono tutti favorevoli al Patto di Roma? Proprio no: lo rispettano e lo ripudiano. Mi confidano quel che stanno apprendendo e facendo. Sono abbastanza informati del lavorio che i « popoli oppressi » svolgono contro i fondamentali interessi italiani in Adriatico, ma non reagiscono. Mi confidano di non aver mezzi, nè direttive, nè autorità. Sono sperduti nell’im- 64