RACCONTI POLITICI DELL'ALTRA PACE e la sua faccia troppo lunga, barbuta e asciutta, e riceveva industriali e banchieri, diplomatici e in-traprenditori. — C’est beau, c’est beau, roi du Con-go — diceva di se stesso, facezia infantile, ma sor-niona, che però dava il senso della sua felicità e del suo successo. A Parigi si sentiva soddisfatto perchè i Francesi, popolo di grandi affari, lo capivano e lo aiutavano. Ho l’impressione che Alfonso ne segua le tracce, o tenti di seguirle. Fa molto da sè, lavorando con le relazioni personali, con le amicizie dinastiche, con la sua esperienza dell’Europa certo superiore a quel-la di qualsiasi altro spagnuolo: e solo Romanones, il solido politico Romanones, fedele sostegno della monarchia e dell’espansionismo iberico in Africa, collabora col Re a fondo, nel fissare le direttive e nell’organizzare i piani tattici: forse perfino lo gui-da, ma poco si vede, tanto Alfonso si colloca in prima linea, baldanzoso e sicuro, insinuante e fermo, mondano e simpatico. L’altra sera ha scorto il Principe di Scalea in un gruppo di amici, raccolti in un angolo del salone, che narrava piccole storie di cancellerie: lo ha fatto pregare di avvicinarsi, quando avesse avuto un minuto libero. Scalea s’è affrettato a recarsi dal Re, che si è mostrato dolente di aver privato la bella compagnia del gran, signore italiano, e lo ha pregato con la sua abituale buona grazia di presentargli tutto il circolo. Prima le signore poi gli uomini, siamo passati davanti al Re, che per ciascuno ha avuto una cortesia. Dopo, a parte, a me ha chiesto: — Napo- 152