Separatismo renano, Santa Sede e nazismo Nunzio, più mi convinco che nulla egli può dirmi. Mi rivolgo al nostro Console Generale, Cesare Majo-ni, che ha letto, va benissimo, il telegramma del Ministero che gli raccomanda la mia persona, ma — data la situazione evidentemente delicata in Baviera, e l’assiomatica opportunità per un diplomatico italiano di non pronunziarsi fuori dei rapporti d’ufficio, — si attiene alla interpretazione meno azzardosa di quel dispaccio convenzionale: non mi dice assolutamente niente; però si preoccupa sinceramente di mettermi sulla buona strada, e mi colma di cortesie. Colazione con lui e con la Marchesa Imperiali, consorte dell’Ambasciatore a Londra, con la quale parliamo del suo illustre marito, cui da sempre porto profondo rispetto. Non dimenticherò mai quello che nel 1919 potetti apprendere della patriottica e lineare azione da lui svolta a Parigi, durante la Conferenza, nei giorni umilianti nei quali Orlando e Sonnino erano ritornati a Roma. Imperiali è un grande Ambasciatore, espertissimo della vita, e va dritto all’essenza dei problemi. Se fossi diplomatico, vorrei stare ai suoi ordini. Per mettermi infine sulla traccia dei fatti che mi interessano, debbo ricorrere al più completo documentato e circostanziato informatore che mai il giornalismo internazionale abbia generato, il vecchio delle due patrie, l’uomo che voleva forse realizzare l’impossibile e servire un solo ideale — quello dell’alleanza tra Italia e Germania — con due metodi, dico pure con due coscienze. Ha sbagliato, ha pagato. È lo stesso di otto anni fa: forte dialettico, ecce- 207