RACCONTI POLITICI DELL’ALTRA PACE tenere indietro sulle vie del progresso le plebi di Madrid e di Napoli, ed a riscaldare a Madrid e a Na-poli, col calore materno che i regimi reazionari in-consapevolmente raccolgono e custodiscono intorno ai germi delle nuove vite ideali, gli embrioni an-cora occulti della più bella rivoluzione del secolo XIX. Però avevano già dato alla nostra gente e alle nostre terre, liberandole dalla servitù verso i Francesi che snaturavano e infranciosavano nel Mezzogiorno costumi e pensieri, il senso della monarchia, le istituzioni e la coscienza del vero Stato e la nozione della politica estera. Noi meridionali avevamo dato ai Borboni di Spagna la tecnica di queste grandi cose, l'organizzazione giuridica per solidificare e rendere operanti e vitali nel futuro queste intuizioni conclusive. Quando Carlo III Re di Napoli se ne ritornò a Madrid Re di Spagna, si fece accompagnare da alcuni forti intelletti napoletani che vi andarono a continuare lo spirituale lavoro cui erano già dediti da anni — creare lo Stato moderno; che però nel duro e amaro clima spagnuolo si disseccò, si atrofizzò e morì. Guardo ancora il Re, senza ch’egli se ne accorga, rivedo lo stesso nasone e i medesimi occhi di un ritrattone ad olio di Re Carlo che attirava con la sua presenza immobile, su un muro enorme di un enorme stanzone, i miei sguardi di ragazzo, verso il ’95. Poi penso d’un colpo, arrivando a tempi più vicini, alla Madre, luttuosa e strenua Regina vedova, che davanti alle barricate si levò in piedi e uscì dal Palazzo tragico di Filippo recando sulle braccia 154