RACCONTI POLITICI DELL'ALTRA PACE di tutte le loro clientele innumerevoli, si sprigionò l’universale entusiasmo. Il giorno in cui l’Assemblea Nazionale si riunì a Versaglia per eleggere il Capo dello Stato, il Tigre già sapeva che l’enorme maggioranza dei voti sarebbe andata ad un altro, a Deschanel. Tuttavia vi si recò e fece un ingresso semi-clandestino nell’aula gremita, da una porta laterale. Naturalmente tutti lo videro subito, e tutti finsero di non vederlo. Per quanto tempo erano stati sotto il suo piede collerico! Ora si liberavano. In quello stesso momento, da un’altra porta secondaria, entrò nell’aula clamorosa di voci anziane, scortato dalla sua ingenua imitazione di modestia, all’occhiello del « tight » perfetto la consueta gardenia bianca, indubbiamente bello e persuasivo, il rispettabile avversario, Deschanel. Briand, cui la prolungata dittatura di Clemenceau aveva dato ai nervi fin dal 1917, e che ormai aveva necessità di un minimo di disordine nazionale per poter riprendere quota e ridiventare visibile da tutte le parti del territorio nazionale, gridò subito: — Voi, Deschanel, all’E-liseo! Era fatta. Si precipitarono alle urne, accalcandosi ai corridoietti dell’emiciclo, tutti, tutti a votare per Deschanel. Era la rivolta degli schiavi, che finalmente potevano descendre il padrone: negli ambulacri del Reale Palazzo fu udita proprio questa frase dialettale: — Il faut le descendre. — Il vecchio vandeano se ne stava in piedi, appoggiato con le spalle a uno scanno, le mani unite sul 230