RACCONTI POLITICI DELL’ALTRA PACE Naturalmente è possibile, è necessario, è dovero-so ritardare quanto si può — oggi meno di ieri! — il fenomeno di assorbimento, sia per obbligo morale, sia perchè grandi e drastici mezzi possono qua e là frapporre seri impedimenti agli interessi altrui, e prolungare di qualche decennio la vigoria dell’italianità oltre confine. Ma cosa sono i decenni, per un Paese giovane come il nostro, che ha tutto l’avvenire davanti e che non deve risolvere i problemi dei prossimi cinque o dieci anni, ma quello di tutto il secolo presente, in cui noi, i nostri figli e i nostri nipoti vivremo? L’Italia deve porsi crudamente tutto il problema futuro nei suoi veri termini, per impedire che le precipiti addosso prima o poi la soluzione negativa, e deve affrontare energicamente la realtà per trarne, mentre siamo ancora in con-dizioni di farlo, tutto l’utile che ancora può dare. Questo è il tema: e quando lo si accetti quale è, risulta che, di sotto al pessimismo della impostazione, sgorga un autentico e sicuro ottimismo. È vero che l’emigrazione ha dato per un cinquantennio un beneficio economico perchè faceva affluire valuta in Italia, e lasciava uno sfogo al fenomeno sociale e demografico, non risolvibile sul ristretto territorio nazionale e nei limiti della produttività interna: è vero sì, ha dato un vantaggio secondario e transitorio a quello che era il massimo problema dell’Italia di allora. Ma l’emigrazione sarebbe completamente dannosa all’Italia di oggi, che ha bisogno di raccogliere tutte le energie per lo sviluppo del proprio Impero. Qualsiasi bilancio di ci- 322