RACCONTI POLITICI DELL'ALTRA PACE In queste condizioni, due correnti si facevano largo nella massa politica: una appoggiata dal Governo domandava la revisione della Costituzione o almeno la creazione d’una vice-presidenza della Repubblica da conferire per esempio, come prerogativa fissa, al Presidente del Senato; un’altra domandava, con l’appoggio di... innumerevoli ambizioni personali, le dimissioni di Deschanel e le nuove elezioni. Millerand appoggiava la prima. I quarantacinque anni di vita della Costituzione gli sembravano troppi e voleva ringiovanirla. In un discorso pubblicato aveva detto chiaramente in qual modo egli credeva si potessero riformare le leggi emanate dall’Assem-blea del 1875: accentuare la decentralizzazione e rinforzare il potere esecutivo : « Il regime parlamentare non solo non esclude, ma esige un potere esecutivo ed un potere giudiziario, forti e liberi nel cerchio delle loro attribuzioni. Nello stesso modo la unità e la indivisibilità della Patria non escludono una potente vita regionale ». Millerand riconosce i gravi inconvenienti che possono derivare dal controllo del Parlamento alle attribuzioni e ai diritti del potere esecutivo, che, responsabile in teoria, non può esserlo in realtà quando sia privato degli attributi più essenziali alle sue funzioni. In sostanza, egli darebbe un taglio al sistema delle democrazie sorte dalla Rivoluzione e molto volontieri farebbe del primo magistrato della Repubblica il primo rappresentante « quasi legislativo » della Nazione. A tale scopo bisognerebbe allargare il collegio elettorale presidenziale, del 340